NOTE DI REGIA

Ai tavoli di un bar, il vissuto e le speranze di gente comune, di diverse provenienze, occupazioni e interessi,  in differenti momenti della propria vita, ciascuno con i propri problemi e i propri sogni, piccoli universi fatti  di naturale complessità e profondità: persone. Persone che come tutti, più o meno consapevolmente, sono  impegnate nella ricerca della propria identità, del proprio posto in questo mondo in cui la via più semplice  per essere qualcuno sembra sia conformarsi ad essere come tutti gli altri, negando l‘unicità di ogni persona  che è fondamento della dignità umana.

 

Lo  spettacolo  vuol  essere  il  nostro  manifesto  di  un  modo  di  fare  teatro  moderno  e  attuale,  con  una  imprescindibile funzione sociale ma al contempo leggero, fruibile a più livelli di lettura e quindi rivolto a ogni  tipo di pubblico.

Con  un  tono  sempre  ironico  e  un  ritmo  incalzante  ci  si  rende  conto  assieme  a  quei  personaggi  in  cui  è  spontaneo identificarsi per i loro tratti contradditori e al tempo stesso verosimili, che veramente tutto è in  mano  nostra,  in  ogni  scelta  che  compiamo  nel  costruirci  un’identità  vera  e  generare  un  cambiamento  positivo. ? Il tema centrale è quello del lavoro, fulcro della definizione della propria identità e passaggio obbligato per  la  propria  realizzazione;  il  vero  protagonista  infatti  è  proprio  il  lavoratore,  nel  senso  onnicomprensivo  del  termine, e qui rappresentato da Salvatore, il muratore sull’impalcatura di fronte al bar che interagisce senza  mai comparire in scena.

 

La narrazione è su tre diversi piani paralleli che si intersecano fino a confondersi e fondersi completamente  in  uno:  in  primis  le  semplici  vicende  di  un  bar  di  provincia,  poco  frequentato  e  alle  prese  con  i  problemi  comuni di chi lo gestisce e di chi lo frequenta; contemporaneamente entriamo nell’intimità dei personaggi,  che “si tolgono la maschera” e svelano la complessità del pensiero che si cela dietro all’apparente semplicità  del  loro  essere;  infine  un  racconto  immaginato  che  contiene  tutto  e  che  ci  invita  a  porci  metaforicamente  come autori delle storie che ci vedono protagonisti, non più assoggettati da un copione che può non andarci  a genio, ma liberi di scrivere la propria sceneggiatura, che è la vita.

 

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